Palermo è un caleidoscopio: nel retaggio multiforme delle sue dominazioni convivono infinite culture e colori. Ma è solo nei rossi dei mercati storici, nelle loro tende e nei tranci del pesce, e nelle persistenze arabe che resta possibile, forse, sintetizzare l’anima di un luogo così variopinto. Nel tono acceso delle cupole di San Giovanni degli Eremiti o di San Cataldo, più vicini all’Oriente che all’Europa, e nel loro felice contrasto – cromatico e ritmico – con la severa monocromia delle pareti, dove il rosso stravince sul resto, sull’abitato contiguo, sul disordine e sul cielo. Una risultanza vermiglia, letteralmente “dai vermi” della cocciniglia (il parassita del fico d’india), o forse dal mollusco della porpora reale: il pigmento rosso simbolo d’eleganza, a contrasto e connubio tra il sangue dell’uomo ed il suo ambiente circostante.
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